Trame di pelle

di Andrea Guolo

fotografie di Archivio Serapian

Una vecchia foto, risalente agli anni Cinquanta, ritrae un artigiano di Serapian vestito in maniera impeccabile, con tanto di papillon, mentre lavora una pelle di coccodrillo. Riguardandola, settant’anni dopo, Giovanni Nodari, membro della famiglia Serapian a cui il gruppo Richemont (che nel 2017 ha rilevato la proprietà dell’azienda milanese di pelletteria) ha affidato il progetto bespoke, riconosce in quell’immagine un pilastro della filosofia del brand. «Gli artigiani rappresentano da sempre il nostro valore aggiunto – racconta – e già allora dovevano essere gli interlocutori del cliente finale; pertanto il fondatore pretendeva che fossero vestiti in modo adeguato. Ecco la ragione del papillon».

Manifattura d’eccellenza, “mano milanese”, esclusività su misura, sintetizzano il successo di una grande famiglia di Maestri pellettieri. I Serapian rappresentano l’essenza dell’unicità nella realizzazione di prodotti da sogno, concepiti con materiali preziosi e dettagli esclusivi.

Il fondatore si chiamava Stepan, per tutti Stefano. Era di origine armena, un sopravvissuto al genocidio di inizio secolo, e con il fratello si era trasferito prima a Venezia e poi a Milano, dove aveva iniziato a lavorare come pasticcere ma, tra un dolce e l’altro, si divertiva a cucire borselli e portachiavi. Nel 1939 sposò Gina Flori, una ragazza conosciuta a Montecatini dove si recava a vendere quegli articoli in pelle realizzati in casa, e con lei diede il via alla propria attività di pelletteria.

Il successo di Serapian, nella Milano degli anni Cinquanta, fu costruito sulla formula del negozio con manifattura: al bancone c’era lui, a parlare con gli acquirenti, e subito dietro le maestranze che trasformavano i sogni delle signore milanesi in borse impeccabili. Erano le classiche borsette da sera che venivano sfoggiate nelle serate alla Scala o in altre occasioni mondane, esempi di uno stile oggi riconosciuto dal mercato come tipico della pelletteria milanese e che Nodari descrive così: «Linee spigolose, fili sottili, coste mai troppo spesse, costruzione rigida. A fare la differenza è proprio la capacità dell’artigiano, attraverso la tecnica e uno studio accurato sui rinforzi applicati all’interno, di ottenere un prodotto di grande morbidezza e rotondità al tatto. Questo è ciò che chiamiamo la mano ‘milanese’». Il conservare quella capacità, in una Milano che cambiava velocemente da centro manifatturiero a polo di servizi, è stato l’obiettivo principale prima di Stepan e poi del figlio Ardavast, sostenendo le maestranze e offrendo loro abitazioni e altri servizi a condizioni agevolate pur di non perdere il prezioso know how costruito negli anni.

Oggi le creazioni del marchio sono realizzate tra Varese, nella manifattura dedicata alle collezioni uomo, e Scandicci, dove Serapian può far valere la sinergia con Richemont per gestire la piccola pelletteria e gli altri manufatti in pelle. E poi c’è Villa Mozart, capolavoro di architettura déco nel cuore di Milano, divenuta sede di rappresentanza e atelier. Qui operano gli artigiani specializzati nella lavorazione che dà forma all’iconico intreccio in nappa della maison, detto “Mosaico”, con personalizzazioni su richiesta del cliente. Del resto, il bespoke appartiene al DNA di Serapian ed è un servizio disponibile fin dagli anni Trenta del secolo scorso per dar vita a un pannello di mosaico unico nel suo genere: ogni cliente può scegliere il suo motivo personale, applicato poi alla borsa in fase di montaggio, ottenendo così un prodotto diverso da tutti gli altri. «È il nostro concetto di lusso, che si distingue dalla massificazione imperante ed è sempre più apprezzato in ogni parte del mondo» precisa Nodari. La tecnologia? Nel mondo della pelletteria ha fatto breccia, ma solo nelle fasi iniziali, quelle legate alla prototipia e alla definizione del modello.

Da qui in poi, contano solo le mani e il sapere degli artigiani, quel “tocco” sapiente di Maestri simili al loro antenato con il papillon. Quanto al digital, in azienda se ne fa uso per superare la distanza dalla clientela, soprattutto in tempo di pandemia. Se prima gli artigiani erano spesso in trasferta per far vedere ai cultori delle loro creazioni come si realizza una borsa («È quel che più appassiona i cultori del made in Italy» aggiunge Nodari), oggi, con gli spostamenti condizionati dal rischio del contagio, in Villa Mozart è stato allestito un vero e proprio studio televisivo connesso online. «Così il cliente entra in contatto con me e con i Maestri pellettieri per creare e personalizzare la sua borsa. Inoltre, stiamo creando un kit di campioni di pelle da consegnare a domicilio affinché, durante la ‘diretta’, possa disporre del materiale che sceglierà per la sua borsa personalizzata. Il confronto con l’artigiano, per noi, è il modo più naturale per far entrare il consumer all’interno del nostro mondo». •

Andrea Guolo

Andrea Guolo

Giornalista professionista, specializzato in economia della moda, cibo e design. Scrive per Mf Fashion, Pambianco, The Drinks Business, Corriere Vinicolo e altre testate nazionali e internazionali. È autore di libri (ultima pubblicazione: #Iosiamo per Edizioni San Paolo) e di spettacoli teatrali.

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