L’arte di rinnovare i simboli

di Federica Sala

fotografie di Carlo Gilioli e Alessandro Nanni

La Scuola del Beato Angelico, fondata nel 1921 ad opera di monsignor Giuseppe Polvara su consiglio del cardinale Ratti (il futuro Papa Pio XI), nasce a Milano con la precisa volontà di portare all’arte liturgica un aggiornamento stilistico sotto il segno della modernità.

Razionalismo, avanguardia, modernità. Elementi che esprimono una nuova liturgia essenziale, sobria, che eleva l’anima senza distrazioni. La Scuola del Beato Angelico di Milano è un laboratorio che crea oggetti per il culto al passo con lo spirito del nostro tempo.

Nella capitale stessa del Movimento Moderno, monsignor Polvara istituisce la scuola secondo quelle che erano le tecniche e le correnti delle avanguardie, applicandole poi ai diversi campi d’intervento dell’arte sacra. Incoraggia l’uso del cemento armato e un approccio razionalistico come perfetta espressione di una ritrovata liturgia nella sua essenziale spiritualità e sobrietà; porta avanti le correnti divisioniste nel linguaggio pittorico; affronta l’architettura come la disciplina capace di contenere tutte le altre e di assolvere alla missione sacra dell’arte.

Una scuola professionale, e per molti anni anche un liceo artistico, in cui coltivare la bellezza come espressione di verità, moralità e armonia. Nascono quindi i laboratori di cesello, incisione, ricamo, mosaico, smalto ma anche i corsi di scultura, di pittura, di restauro e di adeguamento liturgico diventati poi negli anni il fiore all’occhiello di una produzione moderna, non barocca, lontana dagli stereotipi imitativi – con cui spesso si tende a guardare l’arte liturgica – bensì sempre al passo con l’evoluzione della società e della liturgia. Oggetti fatti per rinnovare la forza dei simboli e spazi ripensati non per stupire, non per distrarre, ma per predisporre l’animo all’elevazione dello spirito. Il tutto all’insegna della coralità e della collettività. Infatti è fondamentale, per monsignor Polvara, il rapporto di sperimentazione tra allievi e Maestri, diceva spesso che «nell’arte sacra l’individualismo è la più grave debolezza e ragione di insufficienza e di decadenza.» Una scuola d’arte e di mestieri dove ancora oggi si ricamano le tiare, le mitre e le casule e dove si cesellano gli oggetti sacri del rituale religioso: pastorali, calici, patene, ampolline, candelieri, croci, anelli episcopali che spesso e volentieri sono realizzati dagli artigiani dei laboratori del Beato Angelico in stretto dialogo, (oggi spesso via WhatsApp), con la committenza.

Una realtà milanese molto più vicina al mondo del progetto di quello che ci si aspetti. Basti pensare ai molti reportage fotografici realizzati per il Beato Angelico da Giovanni Chiaramonte, o la mostra sui vasi sacri curata da Marco Romanelli al Museo Diocesano, che vedeva la collaborazione di progettisti profondi come Mendini, De Lucchi, Dalisi, o del progetto grafico di Pierluigi Cerri con Marta Moruzzi per la storica rivista di “Arte Cristiana”, fondata nel 1913 da monsignor Celso Costantini e presto passata a monsignor Polvara, ancora oggi attivo strumento di storia dell’arte edito dalla Scuola Beato Angelico. Come dice infatti don Umberto Bordoni, che dirige anche la Scuola: «Se è lecito pensare alla liturgia come ad un Gesamtkunstwerk (‘opera d’arte totale’), la progettazione degli oggetti per il culto richiede conseguentemente di procedere almeno per insiemi coerenti, di comprendersi in termini di composizione con l’architettura e di espressività nel rito, di ricerca di uno stile e di forme che, nella loro nobile essenzialità, contribuiscano alla creazione di un sistema simbolico coerente.

Oggi questa sfida è aperta, il dialogo tra il mondo del design, dell’architettura e dell’arte e quello della liturgia è ancora agli inizi, il contesto postmoderno è frammentario, tuttavia l’altezza del compito, teorico e pratico, affascina e sollecita un nuovo confronto al quale la Scuola Beato Angelico non vuole fare mancare il proprio contributo.»

Federica Sala

Federica Sala

Federica Sala è una curatrice indipendente e un design advisor. Negli ultimi anni ha curato con Patricia Urquiola “ACastiglioni” alla Triennale di Milano e la recente mostra su Giulio Castelli per il neonato ADI Design Museum. Collabora con alcune testate e ha un libro in pubblicazione con Rizzoli International.

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