Cent’anni di meraviglia

di Jean Blanchaert

fotografie di Archivio Venini

Quando nasciamo, il buon Dio distribuisce più o meno equamente a ognuno di noi pregi e difetti. C’è chi è calmo, magari anche buono e vive serenamente. La sua intelligenza sarà stata di intuire che i doni ricevuti andavano curati come piante, non potevano rimanere senz’acqua.

L’arte del vetro si trasmette attraverso la memoria e i gesti dei suoi grandi artefici. I capolavori di Venini raccontano un sogno, una passione, una lunga storia di maestria veneziana.

C’è invece chi è irrimediabilmente pigro e si lascia trasportare dalle onde. Gli auguriamo di essere almeno molto attraente perché avrà bisogno di aiuto. Potremmo andare avanti all’infinito con questi esempi e riusciremmo a mettere insieme centinaia di combinazioni: simpatico e incapace (pericoloso per un medico), colta e buona (ideale per una maestra elementare), educato ma distratto (non grave per un pittore, criminale per un autista di scuola bus). Alcune combinazioni però sono rarissime (un paio ogni cento anni) e se si verificano sembra di essere a Las Vegas quando sullo schermo di una slot machine compaiono tre cammelli, tre cactus e tre elicotteri. Accade all’incirca ogni cinquant’anni. Tutto si blocca, le slot cominciano a suonare all’impazzata, il direttore del casinò viene personalmente a controllare che ogni cosa sia in regola e a consegnare al fortunato giocatore un assegno esentasse di quindici milioni di dollari.

Il 12 gennaio 1895, a Cusano Milanino (Milano), nacque Paolo Venini. Nevicava. Il 18 febbraio 1898, a Modena, nacque Enzo Ferrari. Nevicava. Fu così che la natura decise di salutare l’arrivo di due grandi geni italiani. Era uscita la combinazione cammelli-cactus-elicotteri, cioè imprenditore-artista-visionario. Se Ferrari è sinonimo della più bella automobile del mondo, Venini significa il più bel vetro del mondo. Diceva il grande banchiere Jacob Safra: «If you choose to sail upon the seas of banking, build your boat, with the strength to sail safely through any storm». Ferrari e Venini hanno saputo attraversare un mare di difficoltà e di tempeste finanziarie rimanendo eccellenze assolute perché i fondatori hanno costruito le loro fabbriche come la barca di Safra. Se Enzo Ferrari aveva l’orecchio assoluto di un musicista che gli permetteva di entrare nell’anima di un motore e capirlo, Paolo Venini aveva l’occhio assoluto grazie al quale ha portato nella tradizione millenaria del vetro grandi capolavori, immagini concrete di un pensiero nuovo.

La scintilla, la passione fra Paolo Venini e il vetro di Murano scoppiò durante la prima guerra mondiale. Era ufficiale di Artiglieria-Trasporti a Cavallo di stanza sull’Isonzo (lo stesso reggimento di Umberto Boccioni). Durante una licenza, nel 1915, capitò a Murano. Fu un colpo di fulmine. In questo mondo ancora medievale dove la straordinaria abilità di alcuni Maestri vetrai si tramandava di generazione in generazione, a volte per centinaia di anni, l’imprenditore-artista-visionario capì che la sua vita sarebbe stata lì. Aveva sete di vivere e di realizzare il suo sogno. Nel 1919 tornò a Milano, fece un po’ l’avvocato (era laureato a Pavia), un po’ il notaio ma, già nell’aprile del 1921, con l’antiquario veneziano Giacomo Cappellin aprì una fornace a Murano. Avevano anche un negozio prospicente la Basilica di San Marco. Come direttore artistico scelsero il pittore Vittorio Zecchin, che aveva già molta pratica di vetreria e che fu uno dei primi a valorizzare due caratteristiche essenziali del vetro muranese: la limpidezza e la leggerezza. Inventò il vaso Veronese.

Nel frattempo, Paolo Venini divise la società con Cappellin, si sposò con Ginette Gignous e si trasferirono a Venezia. Col passare degli anni, a Murano rimasero i foresti, a Venezia divennero i nuovi dogi. Il vetro Venini, già negli anni Cinquanta, era in tutto il mondo. Silvia Damiani, Presidente di Venini, racconta: «Nel corso di questi cent’anni di storia e passione, Venini ha custodito e interpretato un patrimonio artistico unico, che affonda le proprie radici nella cultura veneziana del 1200, dando vita a opere inconfondibili capaci di fondere insieme i profondi saperi della tradizione con il fascino dell’estetica contemporanea». Fin dalla sua fondazione, i Maestri vetrai sono sempre stati il cuore, la memoria e la forza della fornace: nel mondo del vetro non esistono scuole, solo insegnamenti che si tramandano a voce, con i gesti e i movimenti. Questi nobili artigiani hanno dedicato e dedicano all’arte del vetro gran parte della vita perfezionando sempre di più le proprie abilità. Se fossimo in Giappone alcuni di loro sarebbero Tesori Nazionali Viventi.

Il loro grande merito è stato quello di comprendere i desiderata degli artisti che venivano in Venini, mettendosi anche in comunicazione telepatica con loro, obbedendo alle indicazioni ricevute ma, inevitabilmente e fortunatamente, mettendoci del proprio. Ecco alcuni nomi mitici dei Maestri ai tempi di Paolo Venini: Arturo Biasutto (Boboli), Oscar Zanetti (Saor), Ferdinando Toso (Fei), Giacomo Toffolo, Oreste Toso, Mario Tosi (Grasso), Mario Coletti (Farai) e Checco Ongaro. È grazie a loro che Vittorio Zecchin, Napoleone Martinuzzi, Tomaso Buzzi, Tyra Lungren, lo stesso Paolo Venini, Carlo Scarpa, Gio Ponti, Ken Scott, Tobia Scarpa, Ludovico De Santillana, Fulvio Bianconi, Thomas Stearns, Toni Zuccheri, Tapio Wirkkala hanno visto tradursi in vetro le loro idee. Negli ultimi cinquant’anni, nonostante i numerosi cambi di proprietà, lo spirito di ricerca e innovazione è rimasto vivo. Laura de Santillana, Alessandro Diaz de Santillana, Gae Aulenti, Fratelli Campana, Philip Baldwin e Monica Guggisberg, Ettore Sottsass, Tadao Ando, Alessandro Mendini, Giorgio Vigna, Emmanuel Babled e Peter Marino sono soltanto alcuni fra gli artisti e i designer che hanno contribuito grazie alla loro collaborazione con Venini a mantenere alto il nome di Murano.

Oggi la Venini è più viva che mai! La direzione artistica è affidata a Michela Cattai, artista, che continua la tradizione della ricerca di nuove tecniche, nuovi colori e degli incontri e dei progetti eccellenti. Venini ha 100 anni, ma non li dimostra!

Jean Blanchaert

Jean Blanchaert

Gallerista, curatore, critico d’arte e calligrafo, da più di trent’anni conduce la galleria di famiglia fondata dalla madre Silvia nel 1957 e da sempre specializzata i n materiali contemporanei. Dal 2008 è collaboratore fisso del mensile Art e Dossier (Giunti Editore). Nel 2018 è stato curatore della sala Best of Europe di “Homo Faber”, alla Fondazione Cini, a Venezia.

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