Mater Materia

di Patrizia Sanvitale

Un ampio cortile e un bosco di querce tipico della brughiera briantea ci introducono al laboratorio di ebanisteria di Giordano Viganò a Novedrate, nel cuore della Brianza, un ampio spazio molto luminoso dove convivono attrezzature tecniche e tradizionali banchi da falegname che Viganò cura personalmente: «A fine anno li levigo a mano, uno a uno, e li lucido a cera,» racconta con orgoglio. «Hanno più di 50 anni ma, come vede, sembrano nuovi: non ci crede nessuno.»

Forte di oltre cinquant’anni d’attività, Giordano Viganò, raffinato ebanista, Maestro dell’intarsio e coraggioso interprete di idee, racconta la sua arte, la sua passione per il legno, le sue ispirazioni e svela il segreto che sta dietro alla ricerca della bellezza e della produzione di oggetti senza tempo.

Ebanista eccellente, sperimentatore coraggioso e geniale, curioso e ostinato perfezionista dallo straordinario senso estetico, da più di mezzo secolo Giordano Viganò lavora con incredibile perizia ed estrema finezza legni di grande qualità e altri materiali preziosi, mettendo l’abilità delle sue mani, il suo “saper fare”, non solo al servizio dei propri progetti, ma anche a quello di architetti e design di livello internazionale, le cui idee interpreta in modo superbo. Nascono così scacchiere in ebano con intarsi in materiali ricercati, raffinati tavolini, eleganti pochette in legno e pelli preziose, pregiati set da scrivania in legno e cuoio, con rifiniture in osso.

Per Viganò, la grande occasione arriva nel 1976, quando inizia a collaborare con l’architetto Gianfranco Frattini, esponente di spicco del design italiano sin dalla fine degli anni cinquanta. «Un incontro che ha rappresentato una svolta decisiva nel mio lavoro e mi ha portato ad affrontare progetti complessi sotto
la direzione di un professionista esigente, in un confronto sempre molto stimolante.» È altrettanto stimolante lavorare con i designer e gli artisti di oggi? «Hanno una minore conoscenza del legno, dei suoi limiti e delle sue caratteristiche, ma non mancano di curiosità e sono affascinati dal lavoro manuale.» Cosa invece chiedono i clienti privati? «Tanto per farle un esempio, tempo fa ho realizzato un mobile per esporre una collezione di terrecotte precolombiane. Mi sono ispirato alle teche museali ed è nato un progetto originale e inedito. In ogni caso, qualunque sia la committenza, ogni rapporto di collaborazione deve essere contraddistinto da principi essenziali, quali la chiarezza, la trasparenza, la serietà e la competenza.»

Di quali lavori va più orgoglioso? «Del Tempietto di complice pigrizia, un dondolo-altalena, metafora dell’ozio e del gioco all’aria aperta, realizzato nel 1990 per la fiera “Abitare il tempo” di Verona. Ma anche del Tavolo Bisanzio, in legno di palma, il cui grande piano è composto da un mosaico di più di 2000 tessere: lavorare questa essenza così particolare ha richiesto molto tempo e pazienza. Insieme alla scacchiera Tabula Aurea, il Tavolo Bisanzio è uno dei pezzi di cui vado più orgoglioso.» E come raggiunge l’eccellenza in questo tipo di progetti? «Generalmente parto da uno schizzo dove fisso un’idea che perfeziono con un disegno tecnico – disegno a mano sul tecnigrafo – dove definisco misure, proporzioni e dettagli.

Poi realizzo un disegno esecutivo al vero e, se necessario, faccio un campione del prodotto in scala 1:1 con materiali comuni per verificarne le proporzioni, oppure solo di alcune parti per provare incastri e tenuta. Un processo lungo: le cose fatte ad arte richiedono tempo e pazienza.» Poco fa ha accennato al legno di palma. Come seleziona i materiali? «A volte è il materiale stesso che mi ispira una forma o una funzione. Sviluppo un’idea che man mano prende forma e partendo da un semplice schizzo si trasforma poi in oggetto finito. Nascono così mobili, tavoli, complementi, oggetti, cornici, vassoi. In altri casi devo rispondere a un’esigenza precisa di un progetto. In generale tutto ciò che mi circonda e mi emoziona provoca la mia immaginazione e si trasforma in idee.» Il suo mestiere ha radici antiche, come coniuga tradizione e innovazione? «Le nuove tecnologie per la lavorazione del legno e le tecniche tradizionali convivono ormai da tempo e l’innovazione rende più competitivo e contemporaneo il mestiere artigiano. Mi affido a entrambi, anche se è impossibile fare un calcolo di quante sono le macchine e gli utensili per le lavorazioni manuali che faccio realizzare su mie indicazioni.»

Nella sua lunga carriera di ebanista, Giordano Viganò è stato insignito di titoli particolarmente prestigiosi, non ultimo quello di MAM – Maestro d’Arte e Mestiere su proposta della Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte.
«Il riconoscimento è arrivato del tutto inaspettato nel 2016 e ne sono molto onorato. Sono grato alla Fondazione anche per il grande lavoro che svolge nella valorizzazione dell’alto artigianato e la formazione dei giovani: devono comprendere che la sfida è rendere contemporaneo ciò che si realizza innovando allo stesso tempo sia il processo produttivo (con le tecnologie digitali) sia l’estetica e, a volte, la stessa funzionalità di un prodotto. Certo, ci sono le scuole professionali, ma non c’è dubbio che la formazione vera avvenga sul campo. Al di là del talento, servono umiltà per imparare, curiosità per ricercare, dedizione per perseverare. Bisogna mettersi in gioco con modestia e disponibilità, osservare e sperimentare da vicino tutte le fasi produttive che consentono di perfezionare le proprie abilità e di acquisire competenze.» E lei, a bottega, ha geniali maestri in fieri? «Considero il mestiere artigiano come una vocazione personale che a volte non ha eredi diretti ma è comunque in grado di affascinare e ispirare i giovani per la bellezza e il senso di libertà che produce.»

Patrizia Sanvitale

Patrizia Sanvitale

Giornalista, sociologa, autrice di diversi saggi, collabora da sempre con la Fondazione Cologni. Ha vissuto e lavorato a lungo a Los Angeles, prima di stabilirsi a Milano. Le filosofie orientali e le discipline olistiche sono, da sempre, la sua passione segreta.

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