Se un giorno d’autunno un viaggiatore

di Patrizia Sanvitale

Scoprire i segreti dell’eccellenza della cultura rinascimentale lombarda e riscriverne il futuro sulla falsariga della sperimentazione e della perfezione del passato è solo una delle tante missioni della Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte. Fondazione che, negli spazi della Quadreria della Triennale – con cui ha siglato un accordo di fattiva collaborazione – presenta, dal 20 ottobre 2020 al 10 gennaio 2021 un’esposizione dedicata proprio ai maestri di Milano, la prima di una serie di mostre e di eventi con cui festeggia i 25 anni di attività spesi a dare lustro e a riscoprire generazioni di grandi artigiani e a formarne di nuovi attraverso tirocini, iniziative culturali, scientifiche e divulgative, prima che l’antica conoscenza vada perduta.

Nell’ambito di un accordo annuale con la Fondazione Cologni, la Triennale di Milano ospiterà presso la Quadreria, dal 20 ottobre 2020 al 10 gennaio 2021, “Mirabilia. Una Wunderkammer per scoprire i mestieri d’arte milanesi”: qui una selezione di preziosi manufatti contemporanei e rinascimentali permetteranno di scoprire e riscoprire la vocazione all’eccellenza artigianale ambrosiana. Un’eredità che si rigenera quotidianamente nei laboratori, nelle botteghe e negli atelier milanesi, disseminati in tutta la città.

Ancora oggi Milano ha, infatti, un solido legame «con la stagione leonardesca, intesa non solo come fucina di nuove forme, ma soprattutto come pratica integrata del lavoro artistico e tecnico: un modello in cui il processo creativo prendeva avvio e si nutriva della sperimentazione di nuovi materiali e lavorazioni», scrive Susanna Zanuso, studiosa del Rinascimento lombardo. Proprio al tempo dei Visconti e degli Sforza, Milano e la Lombardia diventano il cuore pulsante di un artigianato di tale magnificenza da essere esso stesso una forma d’arte.

Il segreto del successo è racchiuso in centocinquant’anni di “relativa” pace che favoriscono l’apertura di nuovi mercati e le relazioni con le altre corti d’Europa. Fioriscono la manifattura dei battiloro, la tessitura di frixarie e di drappi con trama a fili d’oro; la creazione di gioielli, di impalpabili e preziosi merletti, di accessori, decorazioni, rifiniture per abiti che saranno in voga nelle corti di mezza Europa, precursori delle collezioni dell’Alta Moda italiana; ma anche la produzione di armature con incrostazioni in metallo a effetto policromo, di argenti lavorati a sbalzo, strumenti musicali e mobili intarsiati. E poi di ceramiche, vetrate, ferri battuti, mosaici. Un lascito storico che è diventato via via patrimonio genetico della città, nelle cui vene scorre un’irresistibile vocazione all’eccellenza artigianale in perenne dialogo con i tempi, che sovente anticipa.

Ma ritorniamo alla mostra che si tiene alla Quadreria della Triennale di Milano. L’idea di fondo si rifà al concetto espositivo della Wunderkammer – il cabinet d’amateur di rinascimentale memoria – che tradizionalmente ospita, ricorda lo storico Roberto Balzani, una «mescolanza di oggetti naturali, inventati, archeologici, esotici che dà origine a una forma di collezionismo nuovo e a una nuova tradizione culturale», secondo il criterio di horror vacui, in un crescendo d’intensità quasi vertiginoso. «Un viaggio immobile», intimo ed esclusivo, da fare in un rispettoso silenzio, riflettendo sul fatto che oggi nemmeno il più fanfarone dei giramondo potrebbe vantarsi di percorrere, in pochi passi, un cammino artistico a ritroso lungo qualche centinaia d’anni per poi imbattersi negli odierni maestri. Un magico vagare dentro la storia dei circa 40 oggetti presentati – 5 antichi e 35 contemporanei, unici o in serie numerata: interessante notare l’intenzionale sproporzione numerica tra le opere del passato e quelle recenti – ovvero l’eccellenza dell’artigianato della “grande Milano”.

Manu-fatti come l’armatura ageminata, vera e propria scultura semovente realizzata a Milano a metà del Cinquecento, in contrapposizione ai “contemporanei” tesori di Buccellati, Pomellato e Vhernier. O come l’Hypnerotomachia Poliphili – stampata a Venezia da Aldo Manuzio nel 1499 e custodita alla Biblioteca Trivulziana di Milano – che contiene la prima descrizione di un oggetto in cristallo di rocca scolpito, esposta insieme ai vetri artistici di Lilla Tabasso, ai legni di Giacomo Moor, Giordano Viganò e di Bottega Ghianda, alle ceramiche, agli argenti, ai metalli lavorati, alla preziosa scacchiera in corno naturale dei Lorenzi, in un dialogo perenne tra la centralità del talento artigiano e la creatività progettuale. Lasciata la Quadreria e il palazzo della Triennale, il viaggio da “immobile” si traduce in “festa mobile” e segue un percorso cittadino alla scoperta delle arti applicate, dei laboratori e dei workshop sparsi nelle vie di Milano, la cui toponomastica rievoca alcune delle antiche categorie artigiane. Come via Orefici, via Armorari, via Spadari, via Cappellari per finire in Piazza dei Mercanti, dove si svolgevano gli scambi commerciali.

Grazie alla Fondazione Cologni, l’autunno 2020 si profila dunque all’insegna dell’“intelligenza della mano”, di quella mano che, troppo spesso, è rinnegata nella produzione industriale, di serie, come qualche tempo fa notava Pierluigi Ghianda, il “poeta del legno”, il legnamè di Bovisio Masciago, paese della Brianza, che fino al 2015 ha lavorato per i più celebri architetti e designer al mondo. Il suo pensiero conferma quello dello storico dell’arte francese Henri Focillon che, nel suo Elogio della mano, scriveva: è «lo strumento della creazione, ma prima di tutto l’organo della conoscenza». Milano insegna.

Patrizia Sanvitale

Patrizia Sanvitale

Giornalista, sociologa, autrice di diversi saggi, collabora da sempre con la Fondazione Cologni. Ha vissuto e lavorato a lungo a Los Angeles, prima di stabilirsi a Milano. Le filosofie orientali e le discipline olistiche sono, da sempre, la sua passione segreta.

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