Il collezionista di Mani

di Marina Jonna

fotografie di Filippo Bamberghi

Fulvio Ronchi più che un collezionista si definisce un comunicatore: «Sono un grafico della rinomata scuola milanese e ho avuto la fortuna di lavorare per grandi aziende che hanno fatto della comunicazione istituzionale il loro successo: parlo, tra le altre, di Olivetti e Fiat. Parallelamente mi sono occupato dell’art direction di diverse mostre, tra cui quelle su Donizetti, Caravaggio e Lorenzo Lotto», racconta con l’entusiasmo che lo contraddistingue. Questo spiega il perché, nella sua vasta e multiforme collezione, le mani scelte sono concepite come una forma d’arte applicata: dei veri e propri veicoli di comunicazione. Per questo collezionista, quasi un giramondo “trovarobe” dalla curiosità insaziabile, la mano è qualcosa di magico e affascinante in tutte le sue manifestazioni, anzitutto come strumento di espressione dell’homo faber in molteplici civiltà e aree del mondo.

Migliaia di mani, tra sculture, ex voto, gadget, fotografie e opere d’arte animano la casa milanese di Fulvio Ronchi, singolare globe trotter e cultore delle arti applicate, dando vita a un cabinet de curiosité contemporaneo e ricco di suggestioni.

«La passione è nata trent’anni fa. Avevo realizzato l’Enciclopedia dell’automobile per la Fiat e avevo cercato e raccolto la rappresentazione dell’auto nei contesti più disparati: nel fumetto, nella grafica, nello spettacolo, negli oggetti e nella cultura popolare. Una collezione sfociata poi nella mostra Pop car a Torino. Subito dopo un mio cliente milanese, mobiliere che aveva all’interno della sua impresa diverse maestranze, mi chiese un’idea legata alla sua attività e all’artigianato: ho subito pensato all’occhio e alla mano. Ma quest’ultima l’ho tenuta per me». Da qui è iniziata la sua ricerca in giro per il mondo, dove ha viaggiato incessantemente visitando biblioteche, prima, e Paesi, poi, che lo avrebbero portato a indagare i significati della mano che, di volta in volta, incontrava: 47 i luoghi visitati e ben 43 le categorie delle mani rappresentate nella sua inedita e unica collezione. «Le prime raffigurazioni di mani che ho visto riguardavano l’arte preistorica ed erano nelle grotte di Gargas, nel sud della Francia. Subito dopo, seguendo lo stesso filone, ho visitato la Cueva de Los Manos, in Argentina, incisioni rupestri che trasmettono l’archetipo della mano nei suoi significati più ampi: la guerra, il cibo, i rapporti personali. Da qui ho continuato il mio viaggio alla ricerca della mano nelle diverse culture e sono arrivato alla Mano di Fatima, attraversando Egitto, Libia e Marocco, incontrando tantissime variazioni sullo stesso tema».

La Mano di Fatima assume diversi nomi (Mano di Alo, o Hamsa o Khamsa) ed è un amuleto antico, legato a religioni e culture diverse, ciascuna delle quali gli ha conferito un significato e una valenza differenti. Ha la forma di una mano con cinque dita, dove l’indice e l’anulare hanno la medesima lunghezza e sono attaccati al medio, appena più lungo. Ai lati, due pollici inclinati verso l’esterno e di uguale dimensione. Spesso è decorata da incisioni, le più caratteristiche quelle della versione musulmana e di quella ebraica, rispettivamente con un occhio aperto (l’Occhio di Allah) e una Stella di David nel palmo. Le cinque dita (hamesh in ebraico) simboleggiano i cinque libri della Torah, o anche la HE, quinta lettera dell’alfabeto, nonché uno dei nomi di Dio.
Da qui il viaggio e l’amore per la mano hanno portato Fulvio Ronchi in America Latina, dove ha incontrato la Mano Poderosa, che rappresenta la mano destra di Dio con le dita tese in posizione verticale e il palmo, con stimmate, disposto di fronte allo spettatore. Questa immagine popolare, originaria del Messico e del Brasile, diventa Milagros in Cile ed è spesso raffigurata sui santini religiosi o sui ceri votivi.

In Europa invece, Ronchi riscopre, in particolare, quattro speciali declinazioni del tema: gli ex-voto, presenti in moltissimi santuari, tra cui quello di Custoza che ne contiene più di 5000 in cera; i reliquiari, ovvero le mani dei Santi, presenti in Italia, Francia, Spagna e Germania; il Mutuo Soccorso, tipico della cultura popolare, rappresentato da mani che si stringono; la mano in Massoneria, come gestualità e patto di alleanza. Fulvio Ronchi ti travolge letteralmente nei suoi racconti, che passano da un luogo all’altro, da una cultura all’altra, con un orientamento apparentemente non sistematico e non organizzato ma in realtà basato su continue corrispondenze e rimandi, anche attraverso i moltissimi libri della sua biblioteca, che ha letto tutti: da Desmond Morris, maestro nell’indagare le gestualità, a Bruno Munari, con Il dizionario dei gesti degli italiani. E ti trascina anche nella musica, parlando di Guido D’Arezzo, inventore della “Mano Guidoniana”, su cui si basa la melodia barocca. «Consultando diversi libri ho incontrato una miriade di interpretazioni, significati, simbologie della mano, che ho poi diviso in categorie. Da questi studi, da queste suggestioni iniziano i viaggi per scoprire sul campo cosa è rimasto di certe culture: non solo oggetti, opere di artigianato e d’arte applicata, ma anche dipinti, sculture, iconografie». In India l’incontro emozionante con la Mano del Sati, il suicidio d’amore. «Le mogli del Maharaja venivano rinchiuse in una stanza e lasciavano l’impronta della loro mano sul muro prima di immolarsi sulla pira del marito defunto», ci racconta.

La sua casa è una vera e propria Wunderkammer, dove a ogni angolo sono esposte le sue mani, straordinarie per le loro caratteristiche intrinseche ed estrinseche: dalle opere più di valore, come gli archetipi di Giò Ponti, alle mani Pop della Coca-Cola. Una raccolta fantastica e fascinosa, d’arte e di etnoantropologia, che unisce luoghi e simboli, intorno a una magnifica ossessione: quella per la mano umana, con il suo incredibile mondo di funzioni, simboli e allegorie. Lo strumento attraverso il quale lasciamo una traccia indelebile nel mondo. «Non c’è un ordine cronologico o di significato. La mia collezione racchiude circa 1000 sculture e più di 1500 documenti iconografici. Ne espongo solo alcune, le altre sono racchiuse in scatole e riposte in attesa di poter realizzare i miei sogni: un museo della mano, quello più pretenzioso, o una mostra o un libro. Sono un comunicatore e la mia raccolta nasce per poter essere raccontata al pubblico». Ma per il momento le sue migliaia di mani riposano indisturbate nel suo cabinet nel cuore di Milano, a formare le quinte di un teatrino fantastico, degno scenario di un Jules Verne contemporaneo.

Marina Jonna

Marina Jonna

Giornalista e architetto ha lavorato in diverse redazioni (La Mia Casa, Casaviva, Panorama.it, Icon Design) con una parentesi come autrice e corrispondente di R101. Dal 2019 collabora come free lance con Interni, Domus, AD, The Good Life, Home Italia e Home USA. Segue anche come design consultant il nuovo inserto sul design di Grazia, oltre a sviluppare progetti di interior design.

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