I costumi dell’anima

di Giovanna Marchello

pubblicato su Mestieri d’Arte & Design. Crafts Culture n. 25 Settembre - 2022

L’interpretazione è uno dei fondamenti di ogni espressione artistica. Senza interpretazione, un brano musicale, un testo teatrale, un soggetto pittorico non si può manifestare in modo originale, generando nel pubblico emozioni sempre nuove e diverse. Come ci ricorda Alberto Cavalli ne Il valore del Mestiere, anche l’eccellenza artigiana non può prescindere dal concetto d’interpretazione: mentre interpreta, infatti, il Maestro artigiano plasma e dà un senso compiuto a un’idea, generando un oggetto che è al contempo bello, originale, personale e utile.

 

Stefano Nicolao, raffinato Maestro costumista veneziano, attinge alla propria sensibilità per tradurre in tagli, forme e colori le sue visioni. Mettendo in scena abiti da sogno, alternando l’anima di artista a quella di artigiano.

 

Da 50 anni il Maestro costumista veneziano Stefano Nicolao è un interprete raffinato delle visioni dei registi, delle personalità degli attori e dei cantanti. Non esegue. Traduce una visione artistica in un costume che rappresenta un carattere, una sensazione, un’idea.

 

L’amore per l’arte germoglia presto nel giovane Nicolao, che a soli 13 anni si oppone ai genitori – lo volevano ragioniere – e riesce a iscriversi al liceo artistico. «Mi attirava l’ambiente. Avevo anche un’attitudine, mi piaceva disegnare e creare con le mani. Sentivo che non ero predisposto per la matematica, troppo razionale, fatta di postulati e regole, che una testa pazza come me non poteva seguire.» Una formazione che si rivela essenziale alla sua futura carriera di costumista, insieme alla passione per il teatro. Durante gli anni del liceo, infatti, Nicolao comincia a fare la comparsa in Fenice. Si iscrive ad architettura, scenografia e costume, e si diletta a realizzare i costumi e dipingere le scene, anche dietro le quinte dei teatri dove viene ingaggiato come attore. Si ritrova così “a rubare con l’occhio” e capisce che quella è la sua strada. Arrivano i primi successi come attore – «Mi voleva Strehler per fare il Campiello» – e una carriera abbastanza importante anche in tv e radio. «Però mi mancava sempre lo stare dietro le quinte» ricorda. «Decisi che quello che volevo fare era il costumista, anche se i miei genitori non erano d’accordo. Mi dicevano che avrei fatto la fame.» Nicolao trova un posto come assistente di sartoria in un teatro di Trieste, sotto la direzione del Maestro Angelo Delle Piane.

 

 

«Mi affiancò al suo lavoro di tagliatore, a seguire le prove. Come nelle botteghe rinascimentali, mi mostrava come dalle misure si può tracciare un costume.» Alla fine degli anni Settanta, a 25 anni, subentra al suo vecchio maestro e dopo una serie di stagioni di successo viene chiamato da Enrico Sabbatini per curare, direttamente sulle pendici dell’Himalaya, una parte dello sceneggiato televisivo Marco Polo, con la regia di Giuliano Montaldo. «Fu una tappa decisiva, non tanto per la mia carriera ma proprio per la mia esperienza.» Tornato a Venezia, capisce che in città manca un punto di riferimento per il teatro e il cinema. Così fonda Nicolao Atelier e continua la fortunata collaborazione con i migliori registi italiani e stranieri. Ma come nasce un costume? Il processo creativo segue uno schema preciso, e si basa sempre e soprattutto sull’interpretazione. «Occorre innanzitutto conoscere e capire il testo o la sceneggiatura, come sono i personaggi, come e dove e in che periodo è ambientato e, ovviamente, la visione del regista. Attraverso i costumi, bisogna riuscire a evocare lo spirito del carattere.» L’idea astratta si concretizza dapprima attraverso i disegni, che sono la sintesi di quello che si andrà a realizzare. Poi si scelgono i tessuti e gli accessori e si condivide tutto con il regista. «Arrivati alla prova costume, si capisce se si è sulla strada giusta. Se il regista approva, il mio lavoro è finito e passa agli attori. Io mi trovo avvantaggiato, perché ho recitato, e so cosa vuol dire essere aiutato dal costume giusto.» Come succede a Stefano Dionisi, protagonista del film Farinelli: Nicolao va a Parigi a fargli provare i suoi costumi. Dopo qualche minuto di silenzio Dionisi, entusiasta, esclama di avere finalmente capito chi era Farinelli! «Il costume induce un atteggiamento, ti obbliga a prendere coscienza del personaggio che stai interpretando.»

 

 

Ma secondo il Maestro, l’interpretazione non si ferma qui. «Molto spesso scelgo i materiali perché mi chiamano. È un po’ il mio intimo che mi dice cosa è giusto. Molte volte, prima di realizzare un costume, ho proprio la visione di come deve essere. Lo vedo già fatto, ed è difficile che lo cambi in corso d’opera. Mi succede spesso già durante il primo colloquio
con il regista. C’è una sovrapposizione di interpretazioni tra la mia anima di artista e quella di artigiano. L’artista quando dipinge dà voce a un’emozione e la rappresenta, l’artigiano
deve aggiungere la conoscenza specifica dei materiali e di come si tratta il manufatto. L’obiettivo è coniugare l’idea finale con la visione del regista e il testo.»

 

 

Nicolao Atelier rappresenta un’eccellenza italiana per l’unicità e la raffinatezza delle sue produzioni. Il Maestro crede che il patrimonio di conoscenze ed esperienze maturate
negli anni debba essere non solo tutelato ma anche condiviso con le nuove generazioni. Ne è una conferma il suo team di giovani collaboratori, che con lui si cimentano quotidianamente in nuove interpretazioni. All’insegna dell’arte e dell’artigianato.

 

Giovanna Marchello

Giovanna Marchello

Cresciuta in un ambiente internazionale tra il Giappone, la Finlandia e l’Italia, appassionata di letteratura inglese, vive e lavora a Milano, dove si occupa da 30 anni di moda. Segue progetti culturali legati ai mestieri d’arte, collabora con alcune fondazioni ed è luxury goods contributor del mensile russo Kak Potratit.

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