Meraviglie per la testa

di Antonio Mancinelli

pubblicato su Mestieri d’Arte & Design. Crafts Culture n. 25 Settembre - 2022

“Cappellini”. Non c’è parola che Francesco Ballestrazzi detesti in misura maggiore. Insignito, da parte della Fondazione Cologni, del riconoscimento di Maestro d’Arte e Mestiere, ha compiuto un percorso così variegato, lungo e complesso da approdare a volatili sculture cerebrali, “pensieri concreti” come appena fuoriusciti dal capo, ludici complementi del corpo di cui proteggono le idee, che chiamarli “cappellini” – come gli è stato chiesto da un prestigioso department store australiano –, gli è sembrata una diminuzione non solo dell’oggetto, ma del suo stesso estro.

Francesco Ballestrazzi è un artista rigorosamente solitario, un visionario passionale che crea “oggetti da testa” raffinati e fantasiosi, tratto inconfondibile di uno stile tutt’altro che prevedibile e pieno di gioia.

 

 

Quarant’anni, nato a Carpi ma di vocazione giramondo, ha la quieta combattività di chi affronta la vita con leggerezza calviniana, cercando di ricavarne ogni volta una bella esperienza. È uno dei pochi a portare avanti in Italia la tradizione dei milliner, cioè quei creatori che, attraverso “oggetti da testa” di grande effetto e di potente spettacolarità «riescono a esprimere sé stessi. Pensi, ho iniziato facendo il ballerino di danza contemporanea, dove parlavo con il corpo. Poi, un incidente alle caviglie ha stroncato quella carriera ma ne ha fatto nascere un’altra, dove parlo con le mani.»
Non senza una punta di civetteria, lui si definisce “modista”: una farfalla dalle ali di seta si è posata, per sempre, su un cerchietto a impollinare pensieri. Le piume, ritagliate una per una nella seta, di un pappagallo tropicale compongono un casco di variopinta leggerezza. Ghirlande fragili e sostenute sono lì, pronte a incorniciare il volto. Lunghe piume vintage trafiggono la struttura Bauhaus di toque destrutturate. Sono esempi di quella «creatività, ovvero la capacità di concepire idee e prodotti nuovi, che ci permette di distinguere un artigiano da un Maestro, un oggetto da un capolavoro, una semplice mansione da una competenza radicata. Nei mestieri d’arte la creatività è una forza dinamica, una mescolanza di visione, passione e competenze eccezionali», come scrive Alberto Cavalli con Giuditta Comerci e Giovanna Marchello ne Il talento del mestiere per la Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte, che poi lo ha convocato all’ultima edizione di “Homo Faber”, «un sogno realizzato».

 

 

Siamo a Milano, nel suo atelier in via dell’Orso, dove troneggia con la calma apparente e studiata di chi ha tutto il tempo del mondo, mentre ha miliardi di impegni da assolvere. Il punto è che, oltre ai suoi umani affetti, ciò che ama di più non è il favoloso e rutilante fashion system con le sue tempistiche demenziali, ma il fare le cose da solo: non ha neanche un assistente. Dunque, ama confezionare ogni modello con tutto il tempo che ci vuole, in un atto che ha del rivoluzionario: rifuggire dalla folle velocità di ricambio dei “prodotti” (altra parola che detesta), anche se appartenenti ad alti sistemi culturali, estetici o artistici, in nome di una pazienza che riporta alla mente la frase di Gustave Flaubert «il talento è una lunga pazienza».

 

 

Nel suo caso, poi, oltre alla pazienza c’è stata grande curiosità e molta umiltà: anni di apprendistato prima da Alexander McQueen e poi da Moschino, dove ha chiesto di imparare tutto da zero, lo portano a poter essere un creativo-fattivo, che immagina e porta a termine ogni progetto. «Ho da sempre questo dono, che avverto come una benevola schizofrenia: da un lato, mi abbandono alle fantasticherie, dall’altro mi appare evidente – come in una subitanea rivelazione – il modo in cui posso o potrei realizzarli fattivamente.» Nel 2011 nasce la Francesco Ballestrazzi Hats & Creations, a cui ora si è aggiunta la dicitura Artisanal a sottolineare la manualità insita in ogni copricapo, «anche nei berretti con la visiera che hanno avuto un grande successo in Giappone, dove però mi hanno contestato alcune impercettibili imprecisioni che sono insite nella lavorazioni a mano.» Peccato non sia stato compreso, perché come scriveva John Ruskin, pensatore del XIX secolo che catturò alcuni dei concetti fondamentali del movimento Arts and Crafts, nel libro I sassi di Venezia, «nessuna opera buona può essere perfetta e l’esigenza della perfezione è sempre segno di un malinteso dei fini dell’arte.» E così anche l’imperfezione per Francesco Ballestrazzi fa sì che da ogni ostacolo tragga un insegnamento per risolvere problemi e superare limiti imposti dai materiali, dalle funzioni e dai desideri dei clienti.

 

Antonio Mancinelli

Antonio Mancinelli

Giornalista professionista dal 1991, è stato caporedattore di Marie Claire fino a luglio 2021. Ora collabora con Repubblica, D-La Repubblica delle Donne, Amica, Amica.it, Il Foglio e altre testate editoriali. Attento osservatore della moda come riflesso della società e dispositivo politico atto a spiegare le mutazioni culturali, ha insegnato e insegna in atenei pubblici e privati.

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