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Lanificio Leo

Via Cava 43, Soveria Mannelli (CZ)

È la più antica fabbrica manifatturiera della Calabria e dal 1873, anno della sua fondazione, è rimasta sempre in famiglia. La particolarità di questa azienda e dei suoi proprietari sta nell’essere riusciti a preservare il sapere della tradizione e la manualità, insieme agli antichi telai, e di averli affiancati a progetti altamente innovativi, sia per la realizzazione, sia per la forma e il design. Il “parco macchine” del Lanificio Leo è composto da macchinari datati dal 1890 al 1965 e rappresenta uno dei più significativi esempi di azienda-museo della Calabria, radicata in un piccolo paese della Sila. Sono tutti funzionanti e alcune operazioni del processo produttivo vengono ancora effettuate sui telai dell’epoca. All’interno della struttura il ciclo della lana inizia dalla trasformazione dei filati e prosegue fino alla tessitura e alla confezione dei capi. Qui nascono sciarpe, plaid, tappeti, runner, tessuti che contengono anche elementi semantici innovativi. Racconta Emilio Leo, quarta generazione di questa famiglia di artigiani/imprenditori illuminati, architetto per vocazione e imprenditore per destino: «La nostra filosofia aziendale è centrata sulla rivalutazione di risorse archetipiche in grado di creare manufatti in cui l’identità territoriale, integrandosi con il design contemporaneo, genera collezioni innovative che raccontano una storia. Abbiamo partecipato a numerose fiere di settore, e molte volte siamo stati selezionati tra i migliori espositori: il Salone del Mobile di Milano, Maison et Object, Triennale Milano, la fiera di Oporto… Nel 2020 il progetto Punto Pecora, nostra icona, è stato inserito nella IV edizione de Le Vie del Compasso d’Oro, l’evento promosso da ADI che invita luoghi speciali ad aprire le porte a oggetti di design altrettanto unici. Io sono convinto che l’unico vero modo per andare avanti conservando un codice riconoscibile sia la trasformazione. A me piace molto citare Gustav Mahler che diceva: ‘La tradizione non è il culto della cenere ma la custodia del fuoco’. E il modo per conservare la tradizione è la trasformazione.»

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