Chitarre da dinastia

di Giuditta Comerci

Nei gruppi folk la chitarra battente ha una inconfondibile sonorità, «come una risata, uno scroscio di pioggia o una cascatella, simile a uno zampillo ininterrotto d’acqua», nota la scrittrice Maria Scerrato. Ma si riconosce subito anche per le sue forme: dimensioni appena ridotte rispetto alla classica, spalle strette, cassa profonda a otto allungato, fondo bombato a fasce bicolore contrastanti. Mantiene anche segni distintivi della sua origine secentesca, dalla rosa traforata in pergamena o legno che chiude il foro di risonanza, a intarsi e decorazioni che spesso riportano i marchi distintivi del costruttore.

Rosalba De Bonis tra le fasce di legno con cui costruisce le sue celebri chitarre battenti ci è nata. Nel quartiere della Giudecca di Bisignano, tra il Parco della Sila e quello del Pollino, Rosalba è la discendente di una dinastia secolare che ha mantenuto viva la costruzione di questo strumento e che ne ha sostenuto la presenza sul territorio.

Oggi è costruita quasi esclusivamente nel sud Italia, Calabria e Puglia in particolare; protagonista della musica di tradizione popolare, fatta di tarante, serenate e canzoni dialettali, sta conoscendo una vera rinascita a opera di alcuni musicisti calabresi consapevoli dell’unicità dello strumento. Cosa ben nota alla famiglia De Bonis, che le chitarre battenti le fa. Dal 1780, quando furono chiamati a Bisignano per rifornire di strumenti la vivace corte dei Sanseverino, il loro laboratorio sarebbe diventato un unicum per persistenza ed eccellenza costruttiva. Agli inizi del Novecento, Giacinto IV De Bonis (1892-1964) decide di promuovere gli strumenti della sua bottega in maniera più ambiziosa. Le sue chitarre battenti sono richiestissime, sia nella versione a cinque cori per musicisti esperti (dieci corde divise in cinque coppie), sia in quella a quattro corde, più popolare. Negli anni Quaranta, i figli Nicola e Vincenzo, dediti alla chitarra classica e alla liuteria antica e d’arte, prendono le redini dell’azienda: la notorietà del loro talento si diffonde in modo talmente rapido che i loro nomi vengono inscritti già dal 1951 nel Dictionaire universel des luthiers di René Vannes. Bisignano diventa luogo di pellegrinaggio per i più importanti musicisti italiani e stranieri e Rosalba, nipote di Vincenzo e Nicola, oggi anch’essa in bottega, ricorda nella sua infanzia un viavai di persone, lingue e dolci.

Molti dolci, nel più autentico spirito di accoglienza calabrese. Rosalba cresce tra i profumi dei legni, gli attrezzi di bottega, le discussioni tra i fratelli e tanto suono: perché chiunque arriva prova gli strumenti, ma anche perché Nicola e Vincenzo sono raffinati musicisti e il piacere per il suono sconfina nell’arte musicale tanto quanto in quella liutaria. Si avvicina però agli strumenti di lavoro solo a ventisei anni, dopo aver sognato chitarre dorate da abbracciare: «Sono entrata in bottega il mattino dopo e non ne sono più uscita», ricorda. «Zio Vincenzo aveva un carattere impraticabile: quando ha capito che ero interessata, ha sottolineato che ero femmina, grande d’età e mancina! Per due anni ho solo guardato, senza poter fare domande». I primi ostacoli e pregiudizi arrivano dunque a Rosalba dalle stesse mani preziose che poi, testate le intenzioni e la perseveranza, le avrebbero insegnato il mestiere.Decide di studiare alla Scuola Internazionale di Liuteria di Cremona, scoprendo i fondamenti scientifici della tradizione familiare, le specificità tecniche e perfino una “vicinanza” a Venezia fino ad allora solo ipotizzata: i termini calabresi usati per la chitarra battente sono affini ai veneziani e il sistema di assemblaggio del fondo ricorda quello delle gondole. Rientrata a Bisignano, Rosalba si accorge che la chitarra battente è “sua”: «Quando senti che le mani fanno quello che la testa pensa, senza dover immaginare un passaggio o una presa, allora capisci che il mestiere ti è entrato nella carne. Così, la liuteria mi ha cambiata come donna: quello che in me è femminile entra nelle mie chitarre.

Le battenti, settantacinque da quando costruisco in autonomia, sono le più note e apprezzate. Ma sono molto legata anche alle classiche». I legni della Sila usati – abete, castagno, noce, pioppo, ciliegio – sono ancora quelli del deposito della precedente generazione. Decine le forme storiche di famiglia a disposizione, così come le corde e la colla, di origine animale: a parte questa, tutti i pezzi sono tenuti insieme da assemblaggi e giunzioni particolari. Le catene (listelle di legno) interne alla cassa hanno specifiche posizioni nelle chitarre De Bonis, per una funzione acustica oltre che di sostegno. La ricerca sulle vernici, che lucidano gli strumenti ma ne influenzano anche il suono, era stata per Nicola una sfida sottile, accurata, e ancora oggi le chitarre De Bonis vengono eccezionalmente lucidate più volte, manico compreso: «Lo strumento deve splendere, come da migliore tradizione italiana, perché deve essere un gioiello in ogni suo aspetto».

Le battenti De Bonis hanno raggiunto palcoscenici notevoli, tra i fratelli Bennato e Francesco Loccisano, quest’ultimo ricercatore di suoni e linguaggi innovativi nonché promotore di nuove musiche. Rosalba gli è stata fondamentale, racconta, per tentativi di innovazione strutturale che consentissero allo strumento maggiori virtuosismi esecutivi, leggerezza e stabilità al cambio di clima, in viaggio e sotto i riflettori. «Rosalba mi ha dato l’opportunità di sperimentare, un assist fondamentale», spiega Loccisano, che ha poi raggiunto l’obiettivo finale grazie all’amico liutaio Sergio Pugliesi di Scilla.

Oggi Chitarra battente è un corso accademico al Conservatorio di Nocera Terinese e riscontra uno straordinario interesse in giovani chitarristi e compositori: una rinascita inaspettata, anche grazie alla caparbietà di chi ha continuato non solo a costruire questo strumento, ma a riportare in ogni pezzo amore, cura e bellezza. Il metodo e la fama di Nicola e Vincenzo De Bonis innervano il Museo della liuteria a Bisignano, ma soprattutto innervano le mani e lo spirito vivace di Rosalba De Bonis, trentatreesima liutaia della sua dinastia: donna e mancina, nel cuore della Calabria.

Giuditta Comerci

Giuditta Comerci

Ricercatrice e curatrice di eventi culturali, è direttore artistico dell’Associazione Noema per lo studio e la promozione della cultura musicale. È cultore della materia Mestieri d’arte e bellezza italiana al Politecnico di Milano dal 2015 e coautrice de Il valore del mestiere (Marsilio, 2014).

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