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Cattedra di bellezza

Testo di Giuditta Comerci

pubblicato su Mestieri d’Arte & Design. Crafts Culture n. 25 Settembre - 2022

Dal 2015 il Politecnico di Milano ospita una particolare materia, proposta tra i corsi a scelta degli studenti della facoltà di Design: Mestieri d’arte e Bellezza italiana. Fortemente voluta dalla Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte e affidata ad Alberto Cavalli, la Cattedra ha per finalità quella di instillare nelle giovani menti del nuovo millennio la capacità di riconoscere e rigenerare continuamente il DNA della bellezza italiana, attraverso un percorso di senso.

Bellezza italiana e cultura del progetto: elementi essenziali dell’ “Homo Faber” di nuova generazione. Talento, genio creativo e tradizioni si fondono con savoir-faire, artigianalità e innovazione. La bellezza si trasforma in mestieri e in storie di successo.

“Senso” così come inteso dal filosofo François Cheng: il bello è infatti autentico quando manifesta una direzione al bene, all’evoluzione costruttiva dell’essere umano e non alla sua distruzione, allo smarrimento; quando è portatore di significato, quando è frutto di un progetto maturo e consapevole; quando colpisce i sensi, perché impressionando l’emozione diventa parte indelebile e profonda dell’uomo. Direzione, significato e sensazione sono il senso complesso di una bellezza di cui l’Italia è portatrice da secoli e dalla quale è possibile trarre un paradigma articolato che ne orienti il riconoscimento da parte dei giovani designers. Riconoscere ed evitare il banale, uscire  dalla produzione del superfluo, crescere, formarsi e riconoscersi in ciò che ha valore e infonderlo nella propria creatività, nell’espressione originale della propria, autentica vocazione è il principale obiettivo di un corso che mira a formare le nuove generazioni di “Homo Faber”, ovvero: progettisti consapevoli, formalizzatori della bellezza italiana del domani attraverso la cultura del progetto.

La bellezza italiana viene dunque presentata e studiata come un vero e proprio codice genetico articolato intorno ad alcuni fattori imprescindibili: artigianalità, autenticità, competenza, creatività, innovazione, interpretazione, originalità, talento, territorialità, tradizione. Ogni elemento viene analizzato e definito per comprenderne il significato artistico, culturale e progettuale, al fine di comprendere come questo “codice” sia un vantaggio competitivo che contribuisce a rendere una creazione attraente, desiderabile e di successo.

La bellezza italiana, infatti, è una componente essenziale della creatività legata all’eccellenza, che nel nostro Paese ha una lunga e prestigiosa storia: ma questa bellezza, lungi dall’essere solo una componente estetica e superficiale, si costruisce e si nutre di lavoro, impegno, tradizione e territorio, arte e mestiere. Diventa ulteriore espressione di un talento e di un’etica, oltre che di un’estetica, che caratterizza l’eccellenza della produzione italiana, e che non può fare a meno dei mestieri d’arte (di tradizione o di nuova generazione) che sono legati al territorio. E che dall’arte, dalla storia e dalla bellezza stessa dei territori traggono forza e identità, in un ideale circolo virtuoso.

Comprendere come decodificare la “costruzione” di questa bellezza significa riconoscere nel patrimonio materiale e immateriale italiano un’infinita fonte di ispirazione non solo creativa, ma anche professionale e progettuale.

Per meglio legare il concetto di bellezza a quello di lavoro, cultura e ricerca, le lezioni vengono organizzate in numerosi luoghi significativi della città di Milano – il Museo Poldi Pezzoli, la Palazzina Appiani, la Biblioteca Trivulziana, l’Atelier della Compagnia Marionettistica Carlo Colla & Figli, la Galleria d’Arte Moderna… Ogni lezione è inoltre arricchita dalla testimonianza diretta di esperti come Maurizio di Robilant, Ugo La Pietra, Stefano Micelli, Isabella Villafranca Soissons, Sara Ricciardi, Zanellato/Bortotto, Paolo Ferrarini: ogni incontro con questi maestri aiuta gli studenti a comprendere come la bellezza italiana sia integrabile alla loro capacità progettuale e alle loro scelte di vita. E sia necessaria per permettere loro di trovare un proprio linguaggio formale, rispettoso e interlocutorio rispetto alla bellezza che serve loro da ispirazione.

Al principio e alla fine di ogni lezione e dell’intero corso, la domanda che gli studenti pongono a se stessi è quella che Pasolini incastona nel cuore de La recessione, una delle sue liriche più belle: «una domanda che non è di soldi, ma è solo d’amore, soltanto d’amore». Per sé, per il proprio Paese, per il proprio destino.

Una domanda alla quale risponde bene Massimo Cacciari, tracciando l’ideale continuum tra la mano e la mente che dal Rinascimento giunge sino a noi: «Per bene vivere occorrono industria, consiglio, arte, ma anche mani, piedi e nervi: le ragioni del corpo devono allearsi con quelle della diligenza, della sollecitudine, della cura, per sfidare fato e fortuna.Se anche l’uomo avesse il doppio dell’ingegno e non avesse la mano, ’organo degli organi’, non esisterebbero dottrine, edifici e città.» Ovvero, non esiterebbe il design. E forse, neanche la bellezza. •

Giuditta Comerci

Giuditta Comerci

Ricercatrice e curatrice di eventi culturali, è direttore artistico dell’Associazione Noema per lo studio e la promozione della cultura musicale. È cultore della materia Mestieri d’arte e bellezza italiana al Politecnico di Milano dal 2015 e coautrice de Il valore del mestiere (Marsilio, 2014).

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