I rinascimenti del Corallo

di Alba Cappellieri

Il corallo è tra i pochissimi materiali venerati fin dalla notte dei tempi: non appena l’uomo primitivo ha raccolto un rametto di corallo portato dal mare su di una spiaggia, immediatamente lo ha indossato per decorarsi. Era successo soltanto con l’oro, considerato divino fin dalla sua scoperta.

Tra leggenda, magia e tradizione artistica, il corallo è da sempre uno dei materiali più utilizzati in gioielleria e nella produzione di oggetti decorativi e sacri, grazie al colore intenso e alle forme sinuose. Da oltre due secoli, i maestri corallai italiani rinnovano l’antico legame che esiste tra l’uomo e questo straordinario tesoro del mare grazie alla loro creatività e all’altissima qualità artigianale di manufatti apprezzati in tutto il mondo.

Gli antropologi credono che la meraviglia con cui i nostri antenati hanno accolto entrambi i materiali dipenda dal loro colore: il rosso del corallo rimanda alla linfa vitale del sangue e il giallo dell’oro a quello dei bagliori luminosi del sole, anch’esso fonte di vita. La natura favolosa del corallo nasce con il mito greco per cui l’eroico Perseo, dopo aver decapitato Medusa, depose la testa della terribile Gorgone su degli arbusti che si pietrificarono a contatto con il sangue. La dea Atena rese il miracolo immortale e tutte le alghe del mare si tramutarono nel vermiglio corallo.
Alla fascinazione mitologica si uniscono virtù medicinali, terapeutiche e apotropaiche, che fanno del corallo una materia magica, potente, vitale. Gli viene attribuito il potere di allontanare il malocchio, favorire la fertilità, cicatrizzare le ferite, attrarre la fortuna.
Come amuleto veniva donato alle balie per facilitare l’allattamento, legato al collo dei bambini per proteggerli dagli spiriti maligni e a quello dei cani per scongiurare la rabbia, ma veniva anche sparso nel terreno per salvare il raccolto dalla siccità o miscelato a pozioni magiche per combattere l’impotenza maschile. I Galli affidavano al corallo la protezione delle loro armi mentre i Mongoli lo usavano per adornare cavalli e pugnali.
Nel XV secolo assistiamo al primo dei tre Rinascimenti nella storia del corallo grazie alla sua capillare diffusione simbolica come amuleto, cui si aggiunge l’affermazione come ornamento raro e prezioso. Il corallo era infatti richiesto dalle dame più eleganti di tutta Europa ma anche del continente asiatico (i gioielli di corallo facevano parte della dote delle spose sia in Mongolia che in Uzbekistan): nel Tibet, in India e soprattutto in Cina dove, abbinato a perle, turchesi e giade adorna i gioielli di corte fin dal Mille.

Nel XV e nel XVI secolo è il protagonista di collane, spille e bracciali, ma anche dei preziosi rosari che accompagnavano gli abiti delle monache. Per la moda rinascimentale la collana a grani di corallo era un elemento indispensabile nei corredi delle giovani spose di qualunque ceto sociale, ma anche il primo gioiello regalato ai neonati come pendente beneaugurante a ornamento delle culle. Più elitario il suo utilizzo nei famosi langouiers, piccoli strumenti, dove il dente di un animale o una particolare pietra venivano incastonati nel corallo e servivano ai re e ai nobili come spia per l’eventuale presenza di veleno nei cibi. Testimonianze preziose dell’importanza di questo affascinante materiale nella sua duplice valenza di gioiello e di amuleto si rintracciano nei dipinti di Cosmè Tura, del Pinturicchio, di Carlo Crivelli, Piero della Francesca o Antonello da Messina l’esempio forse più emblematico è costituito dal bellissimo dipinto votivo della Madonna della Vittoria di Andrea Mantegna del 1496, dove sulla testa della Vergine pende un enorme ramo di corallo, per commemorare la vittoria e lo scampato pericolo di Francesco Gonzaga nella sanguinosa Battaglia di Fornovo.

Le prime industrie di lavorazione artigianale del corallo nacquero nel xix secolo a Napoli e a Torre del Greco: qui venivano realizzati oggetti meravigliosi che non comprendevano solo i gioielli ma anche galanterie, presepi, piccole sculture, oreficerie e i celeberrimi “cornetti” portafortuna. Torre del Greco diventa così uno dei territori più importanti non soltanto per la pesca del corallo ma anche per la sua manifattura ed è da qui che prende avvio il secondo Rinascimento dell’oro rosso, quello del Neoclassicismo, quando il prezioso materiale conobbe l’apice del suo successo.
Insieme a cammei, perle e diamanti il corallo impreziosiva diademi e tiare, i caratteristici ornamenti da testa di impronta neoclassica che ebbero larga diffusione nelle corti napoleoniche di tutta Europa. La ricca decorazione si fondava sul naturalismo delle forme classiche, in particolare sulla composizione di fiori e frutti, considerati per la loro perfetta armonia naturale. La lavorazione torrese del corallo, unita a quella della madreperla, delle conchiglie, della lava e delle pietre dure, fu talmente fiorente per la città che nel 1878 venne istituita la Regia Scuola d’Incisione sul corallo e di Arti Decorative Industriali che ha formato i più bravi maestri corallai.

Passata la moda neoclassica il corallo ritorna protagonista dei più bei gioielli dell’Art Déco, stagione artistica che segna il suo terzo Rinascimento e l’ultimo momento di unità, creatività e innovazione nelle arti del Novecento. L’alta gioielleria delle grandi Maison francesi come Cartier, Van Cleef & Arpels, Boucheron, Fouquet, Mauboussin, Lacloche crea capolavori dove il corallo, unito all’onice, ai diamanti e al cristallo di rocca, dona colore e profondità alle geometrie Déco. Esempi interessanti sono il bracciale Chimères del 1928 di Cartier in corallo scolpito e pietre preziose o le spille geometriche che Lucien Hirtz disegna per Boucheron per l’Esposizione parigina del 1925 in onice, corallo e diamanti e lapislazzuli, giada e corallo, fino ai capolavori di Van Cleef & Arpels, come il collier Drapée trasformabile in tre bracciali e i lunghi sautoir. Fu grazie ai gioielli Déco che Torre del Greco divenne la “capitale mondiale” della lavorazione del corallo, consolidando e valorizzando una cultura territoriale di mestiere che tuttora rappresenta la migliore manifattura dell’“oro rosso” nel mondo.

Tra le famiglie orafe più rappresentative della città la Liverino 1894, Fratelli De Simone e la Ascione, tre imprese familiari che iniziarono l’attività agli albori del xx secolo e che si sono affermate in ambito internazionale per la qualità delle loro manifatture e dei loro gioielli. Aziende che hanno saputo unire la flessibilità del modello familiare con l’attenzione ai mercati internazionali, l’artigianalità con la creatività e la sostenibilità e per questo si sono conquistate la fiducia delle Maison dell’alta gioielleria internazionale oltreché italiane, come dimostra tra gli altri Chantecler, che proprio al corallo torrese ha dedicato gioielli di rara bellezza.
Accanto alla tradizione campana troviamo altri territori italiani dedicati alla manifattura del corallo come Genova che, agli inizi del Novecento, fu un importante centro di lavorazione del corallo con le sue botteghe di via San Vincenzo, la Sardegna con Alghero, definita la Riviera del Corallo, e la Sicilia, con le delicate manifatture trapanesi.

Tra gli esponenti di spicco della tradizione siciliana la famiglia Fiorenza è dedita alla lavorazione del corallo dal 1921. Oggi Platimiro Fiorenza ha raccolto il testimone dell’alto artigianato trapanese e per questo è stato inserito nell’elenco dei Tesori Umani Viventi tutelati dall’Unesco. A lui si devono gioielli, presepi e sculture in corallo finemente lavorati, come la Madonna di Trapani, in oro, corallo e pietre preziose, attualmente esposta ai Musei Vaticani, ma anche un’acquasantiera in oro e corallo, eseguita per Sua Santità Giovanni Paolo II. Ha inoltre ricevuto il premio MAM-Maestro d’Arte e Mestiere, conferitogli da Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte nel 2018 per il suo straordinario savoir-faire. Riconoscimento speciale attribuito anche al maestro Enzo Liverino nel 2016.

Alba Cappellieri

Alba Cappellieri

Professore Ordinario di Design del Gioiello e dell’Accessorio Moda al Politecnico di Milano. Dal 2014 è direttore del Museo del Gioiello, all’interno della Basilica Palladiana di Vicenza, il primo museo italiano dedicato al gioiello.

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