Magnae Chartae

di Ruben Modigliani

La mostra “Magnae Chartae”, curata e allestita da Michele De Lucchi insieme al suo studio AMDL Circle, è dedicata alle arti della carta attraverso l’Europa. «Il mio coinvolgimento con “Homo Faber” arriva da un doppio fronte: la mia amicizia con Franco Cologni e Alberto Cavalli e il fatto che ho firmato, per la Fondazione Giorgio Cini, il progetto di ripristino della Manica Lunga all’isola di San Giorgio. Sono stato coinvolto già dalla prima edizione, non potevo non esserci,» spiega sorridendo De Lucchi. «Quando mi hanno proposto il tema della carta, materiale con cui sono in grande sintonia, ho detto subito di sì.

 

Quando la carta racconta fantastiche storie d’abilità… Chiamati a misurarsi in una mostra che invita il pubblico a osservare da vicino il loro savoir-faire, i maestri si cimentano in progetti visionari, installazioni sorprendenti,
opere che sfidano il tempo.

 

C’è anche un altro motivo: Ettore Sottsass, che è stato il mio maestro, la amava. Ne comprava ovunque andasse, tornava con dei pacchi immensi (e dire che la carta pesa). Un tesoro che, in parte, Barbara Radice ha voluto che avessi io, e che conservo in una serie di cassetti.» Un bellissimo punto di partenza. Anche De Lucchi ama la carta, ha sempre con sé blocchetti fatti di fogli A4 divisi in quattro, su cui disegna e prende appunti. Nella sala che ha curato alla scorsa Biennale d’Architettura, una mostra di progetti visionari sul futuro dell’architettura, ha messo circa 600 schizzi realizzati proprio sui suoi “foglietti da tasca”, come li chiama lui.

 

 

Il protagonista di questo evento è un mondo con migliaia di anni di storia. E infinite storie da raccontare. La sede espositiva è inedita, una ex chiesa – «Bizzarra, con le cappelle solo da un lato», osserva l’architetto – appena restaurata e riaperta al pubblico proprio in questa occasione. Una mostra partecipativa, che invita il pubblico ad ammirare in prima persona la perizia e l’abilità artistica dei maestri artigiani al lavoro nella sala: l’installazione all’ingresso, ideata dal belga Charles Kaisin, è una grande sfera composta migliaia di piccoli origami creati sul posto e appesi a fili sottili. Le installazioni sono coinvolgenti e sempre sul filo della meraviglia: abiti e parrucche in carta realizzati da veri virtuosi, un piccolo padiglione (una yurta? una tenda da giardino?) fatto con le carte da parati artistiche realizzate a mano nei laboratori di San Patrignano; e poi le ciotole di cartapesta della paper artist svedese Cecilia Levy, realizzate con le pagine di vecchi libri, le sculture geometriche a incastro della greca Zoe Keramea, le complesse figure origami realizzate dall’artigiano finlandese Juho Könkkölä da un unico foglio bianco, sculture fatte da centinaia di strisce sottili e spettacolari tavole di calligrafia.

 

 

E poi le immagini scattate dalla fotografa Susanna Pozzoli presso la cartiera Gangolf Ulbricht a Berlino, dove si realizzano carte a mano con stampi antichi, carte amate da artisti e restauratori in tutto il mondo. In fondo alla navata c’è uno spazio speciale dedicato a una grande installazione curata da Montblanc, marchio di eccellenza nel mondo della scrittura: uno spettacolare ink bar dove i visitatori possono testare penne i cui pennini, impreziositi da una lamina d’oro, sono lavorati sotto i loro occhi con una macchina apposita dagli artigiani della maison. «È un mondo gigantesco, non sintetizzabile con una sola idea», prosegue De Lucchi. «Credo che gli artisti siano molto attratti da questa varietà propria della carta, che non è solo un supporto ma sa essere materiale costruttivo, col quale realizzare forme e oggetti, creare rivestimenti, superfici, fondali. Sono di carta anche gli elementi che compongono la scenografia dello spazio: la struttura è in barre dalla sezione cava, a C, in cartone pressato con fogli di carta di cotone a fare da quinta. È un materiale che appare delicato ma che può durare per l’eternità. Questa doppia valenza di fragilità che sa sfidare il tempo è affascinante. Abbiamo voluto fare una mostra sulla carta da cui dovrebbe venir fuori la duttilità, la plasticità, la grandissima larghezza di utilizzazioni che può avere questo materiale, che in Giappone viene utilizzato anche per creare architetture. La sua trasparenza è un tema importante: vuol dire luce, capacità di percepire che c’è un oltre.
È il bello delle case di carta della tradizione giapponese, attraverso quella carta capisci che dietro c’è uno spazio ulteriore, ed è una cosa che mi piace moltissimo. In questa mostra non ne parliamo, ce ne vorrebbe una fatta apposta. Ricordo che negli anni Ottanta, all’arrivo dei primi computer, la gente iniziò a dire “non ci sarà più la carta”: sbagliavano.» E questa mostra ne è una dimostrazione sorprendente.

 

Ruben Modigliani

Ruben Modigliani

Giornalista dal 1994, appassionato di design e architettura da sempre. Ha lavorato nelle redazioni di D la Repubblica delle Donne, Grazia Casa, Elle Decor Italia, AD. Appassionato di grafica (e di molte altre arti applicate), ama individuare e raccontare l’evoluzione del gusto. Dal cucchiaio alla città.

CONDIVIDI