Editoriali
- Editoriale
Il gioco aiuta gli audaci
Si crede spesso che il gioco sia un’attività svincolata da ogni tipo di convenzione, e si delega con troppa facilità l’aspetto ludico delle nostre vite ai residui di tempo che ritagliamo tra gli altri impegni, definiti per contrasto come seri. Mentre il gioco è un aspetto serissimo, che necessita di regole e di immaginazione per
- Fatto ad Arte
Giocare per far Giocare
Quando, alla fine degli anni Settanta, ho visto all’opera giovanissimi garzoni di bottega dei vasai salentini mentre realizzavano i fischietti in terracotta dipinta, mi sono reso conto per la prima volta di come si poteva “giocare facendo oggetti per far giocare”. Oltre a una grande passione per il proprio mestiere, gli artigiani conservano una visione
- Pensiero Storico
La fiaba dell’artigianato
La Londra della regina Vittoria divenne il luogo metropolitano del primo grande esperimento di semplificazione, “giocattolizzazione” e “ludicizzazione” universale. Al confronto, il sistema di oggetti moda-design della “Milano da bere”, l’ultimo Novecento è una “pazziellart”. Ma tutto ha un costo. A Londra, nel 1851, ne fece le spese innanzitutto l’architettura, la madre delle arti, che
- Ri-sguardi
Homo ludens
Per vivere liberi e felici, scrivevano i Padri della Chiesa, si deve sacrificare la noia: e non sempre è un facile sacrificio. Perché la noia porta con sé anche qualcosa di rassicurante, di scontato, di ripetitivo, che in questi tempi di incertezza sembra quasi consolarci. Ma la noia porta con sé pure malinconia, inerzia e
Interrogarsi sulla natura progettuale della bellezza, e sui suoi caratteri di italianità, non richiede un dottorato in filosofia estetica. Richiede uno sguardo consapevole su quello che è il nostro principale vantaggio competitivo; su quello che è l’attributo che da sempre accompagna ogni riflessione sull’Italia; su quei valori che non incarnano un vago sogno o un
Abbiamo sempre avuto bisogno di bellezza (e oggi ne abbiamo bisogno più che mai, dati i tempi che corrono). L’abbiamo cercata ovunque: nello sguardo di un bambino, nel canto di un uccello, nel candore delle vette innevate… e abbiamo sempre cercato in ogni modo di portarla con noi, nella nostra mente e nel nostro cuore,
Lusso è un termine molto usato nella contemporaneità, anzi, decisamente abusato, che al pari di altri stereotipi, assume significati diversi in relazione ai contesti sociali e ai momenti storici. È uno dei riferimenti più ricorrenti: tutte le riviste parlano di lusso, di alto di gamma, di premium, al punto da rappresentare l’ambizione di tutti i
Dal 2015 il Politecnico di Milano ospita una particolare materia, proposta tra i corsi a scelta degli studenti della facoltà di Design: Mestieri d’arte e Bellezza italiana. Fortemente voluta dalla Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte e affidata ad Alberto Cavalli, la Cattedra ha per finalità quella di instillare nelle giovani menti del nuovo millennio la
La bellezza ci rende liberi, se ne comprendiamo il senso e l’applicazione. Saperla riconoscere, trasmetterla educando ed educandosi, continuare a costruirla e ad amarla sono valori imprescindibili per l’evoluzione di una società sana e soprattutto umana.
Quando, nel 2016, Johann Rupert e Franco Cologni hanno costituito la Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship, avevano uno scopo preciso: aiutare i migliori artigiani d’Europa, spesso poco visibili e scarsamente considerati, ad affrontare le sfide della contemporaneità, diventando i nuovi protagonisti di un modo più umano di lavorare, di produrre, di vendere: in una parola, di vivere.
La massima espressione della bellezza e dello splendore, ovvero Venezia e le sue terre, e la più alta rivelazione del talento umano, ovvero la maestria artigiana, si incontrano in un luogo magnifico: la Fondazione Giorgio Cini, in occasione della seconda edizione di “Homo Faber: Crafting a more human future”.
L’analisi delle dinamiche del settore immobiliare ha evidenziato come una larga fascia della popolazione, soprattutto negli Stati Uniti, avesse cominciato a pensare che la finanza – non il lavoro – potesse rappresentare l’origine della ricchezza delle famiglie. Fra le ragioni principali del successo del libro di Richard Sennett, L’uomo artigiano, c’era la determinazione con cui il sociologo americano guardava al lavoro artigiano come vero e proprio antidoto rispetto a una società completamente finanziarizzata.
Confrontarsi per crescere e migliorare! Questo è il vero atteggiamento che si dovrebbe praticare continuamente all’interno delle varie discipline artistiche. Per tanti anni (fino agli anni Cinquanta del secolo scorso), l’artigianato artistico di eccellenza veniva regolarmente presentato nelle riviste come Domus o attraverso le rassegne come la Biennale di Monza o la Triennale di Milano.
Nel suo libro Giustizia e Bellezza, lo psicanalista e sociologo Luigi Zoja scrive che nel ricco Occidente la mancanza di cibo non sembra più causare le catastrofi che ancora, nel secolo scorso, mettevano in ginocchio interi Paesi. Se però spostiamo l’attenzione «dal nutrimento per il corpo a quello per lo spirito», scrive Zoja, «osserviamo una denutrizione ormai cronica: quella che riguarda la bellezza. Si tratta di una carestia senza precedenti.
«Non sappiamo più distinguere una ceramica da una porcellana, un vetro da un cristallo; perdere le arti significa anche non essere più capaci di conferire qualità agli oggetti dell’ambiente che ci circonda». Così Ugo La Pietra concludeva, nel settembre dello scorso anno, una conversazione alla Fondazione Cini a Venezia. Le storie del design, nel raccontare le innumerevoli iniziative di “recupero” delle arti susseguitesi nell’ultimo secolo e mezzo – dalle Arts & Crafts al New Craft – non rispondono quasi mai alla domanda: quando abbiamo iniziato a “perdere” le arti?
Nel 1972, anno della grande crisi energetica, Ettore Sottsass, il designer più famoso (all’ingresso del suo studio faceva bella mostra una targa in bronzo con la scritta “Olivetti”), incaricato come curatore del settore design della XV Triennale di Milano, impose di non presentare oggetti ma solo audiovisivi, forse anche influenzato dai discorsi di noi giovani designer radicali. Sembrava quasi immorale aumentare la proliferazione degli oggetti di consumo in un momento di crisi così profonda!
I viaggi in Italia di Inigo Jones, del conte di Arundel e di Lord Burlington contribuirono a esportare in Inghilterra lo stile palladiano. Re Francesco i, che accolse Leonardo da Vinci ad Amboise, aveva inviato il suo architetto Jean de l’Orme a studiare le forme costruttive del Rinascimento italiano, perché potesse poi fertilizzare la creatività francese. Goethe formulò la sua teoria dei colori dopo un viaggio a Venezia. Elisabetta i volle che gli alti funzionari del suo regno visitassero le corti italiane e ne apprendessero le strategie politiche e le dinamiche decisionali.
Vi sono parole che trasformano profondamente il senso di una frase: non tanto per il loro significato letterale, intrinseco, quanto più che altro per la forte carica simbolica o emotiva che esprimono. Una carica che può però variare: positiva se riferita al sostantivo, neutra se legata all’aggettivo.
Con il termine “manifattura” si intende il complesso dei lavori e delle operazioni, eseguite a mano o a macchina, per le quali una materia prima viene trasformata in oggetto di consumo, cioè in manufatto (Treccani). Manifattura è anche sinonimo di fabbrica, industria, officina, opificio, stabilimento. Se poi si parla di manufatto (manu factus), denominazione generica di prodotti, non necessariamente fatti a mano, derivati dalla lavorazione di materie prime, aumenta l’incertezza sui confini di senso di queste parole.
Oggi, come e più di prima, le piccole aziende artigiane fanno buon uso delle nuove apparecchiature. Queste ultime (come le macchine a controllo numerico), da una parte consentono la moltiplicazione seriale degli oggetti e dell’altra garantiscono lavorazioni ancor più sofisticate di quelle che venivano realizzate a mano, eliminando le possibili imperfezioni di certi procedimenti.
Nel 2021 si è celebrato il cinquecentenario di Josquin Desprez, sommo polifonista fiammingo, che compose i suoi mottetti più celebri e raffinati proprio in Italia, tra Roma, Ferrara e Milano. La Milano che accolse Josquin era evidentemente un luogo speciale: presso la corte ducale poteva accadere di imbattersi in Leonardo da Vinci, le botteghe della città creavano i panni auroserici più belli del mondo, le manifatture di armi e gioielli non avevano rivali in tutta Europa.
Scoprire un tesoro nascosto, magari affrontando pericoli e insidie, è un sogno comune a tutti i bambini: alla preziosità del contenuto dei forzieri si somma la soddisfazione per aver decifrato mappe, scalato vette, solcato mari, interpretato codici segreti, insomma per aver dato prova di intelligenza al fine di non fermarsi di fronte all’evidenza, ma di andare più in profondità.
La furia della guerra aveva smesso di mietere vittime. Il mondo intero riassaporava il fresco vento della pace. Gli artisti rientravano nei loro atelier, riprendendo a “costruire” nuove prospettive. Scriveva Henri Focillon, negli anni tragici della guerra, che «l’arte si fa con le mani. Esse sono lo strumento della creazione, ma prima di tutto l’organo della conoscenza.»
Oggi che il design riscopre l’artigianato, il pezzo unico o di piccola serie, con un forte debito nei confronti del “vecchio artigiano”, si accorge dell’esistenza dell’artista-artigiano che riesce a proporre veri pezzi di arte applicata contemporanea. L’artista-artigiano salvaguarda la cultura del fare del passato, attraverso l’esercizio quotidiano della manualità, ma usa anche le nuove tecnologie.
Un viaggio straordinario alla scoperta dei Tesori Viventi tra luoghi, riti e segreti dei maestri d'arte che ogni giorno perpetuano la tradizione con passione o innovano con coraggio l'alto artigianato. Creazioni straordinarie prendono forma dal talento, dall’intuizione e da mani sapienti che nessuna macchina potrà mai sostituire.